Ancora qualche settimana di pazienza, poi potranno lanciare i loro salvagente nel mare del precariato.
Partirà a settembre l’avventura dei 2.980 navigator reclutati tramite concorso lo scorso giugno. I navigator dovranno lavorare in sinergia con i centri per l’impiego, per aiutare chi percepisce il reddito di cittadinanza a trovare un lavoro; la loro collaborazione andrà avanti fino al 30 aprile 2021, per un compenso lordo di 27.338 euro all’anno (più 300 euro lordi al mese per le trasferte).
Di questa nuova figura si è detto e scritto molto. Ma chi sono i navigator? Perché hanno scelto questa strada, e come vivono l’attesa? Ecco due testimonianze raccolte a Padova.
Karin Berti, 24 anni, ha appena conseguito la laurea magistrale in Psicologia all’Università di Torino (110 e lode in criminologia), e ora ha iniziato il tirocinio per preparare l’esame di Stato. «Non so ancora cosa farò dopo la laurea e in cosa mi specializzerò, ma - spiega Karin - non voglio precludermi niente: intanto faccio qualcosa, poi valuterò. Forse questa esperienza può aiutarmi a capire cosa fare in futuro. Tra le strade che ho in mente c’è anche psicologia del lavoro, e la figura del navigator rientra in un ambito molto simile».
L’idea di diventare navigator è nata quasi per caso: «Il concorso l’ho scoperto grazie a mia zia e a mio fratello. Ho iniziato a studiare a febbraio, e ho continuato a farlo con più convinzione dopo il 30 aprile, quando è uscita la prima graduatoria per età e titoli di studio. Ho risposto ha 75 domande su 100, non ho voluto rischiare perché ogni risposta sbagliata valeva 0,4 punti in meno».
Ora Karin vuole mettersi alla prova: «Mi sento aiutata dal mio percorso di studi, nel senso che la laurea in Psicologia mi ha insegnato ad ascoltare le persone in condizioni di bisogno e a capire le loro potenzialità. Forse le persone di 40 o 50 anni penseranno che sono troppo giovane per aiutarle, ma prendo anche questo come un esperimento».
Simone Burattin ha 44 anni e un curriculum molto più lungo: laurea in Scienze politiche, collaboratore in un Centro di assistenza fiscale (Caf), amministrativo in due aziende di materiali plastici e di cosmetica, cameriere, fotografo, addetto alla sicurezza in un campeggio. «Quando ho visto il concorso, ho pensato che tentar non nuoce - racconta Simone - Ho comprato i libri consigliati e ho studiato per un mese tutti i pomeriggi, senza andare al mare neanche un giorno.
Tornare sui libri mi è piaciuto, è stato come preparare un esame all’università». La commissione d’esame ha apprezzato: «Ho risposto a 93 domande su 100 - ricorda Burattin - Mi bruciava averne saltate 7, ma poi ho scoperto che sono stati in pochi ad aver dato più di 70 risposte: molti hanno fatto il minimo indispensabile per risultare idonei, ma non era quello il mio obiettivo». Per Simone «fare il navigator equivale a un proseguimento della mia esperienza professionale, lo stipendio è
allettante e avrò anche il weekend libero. La normativa dice che dovremo lavorare 1 anno e 7 mesi, dopo c’è un grande punto di domanda».
Alessandro Macciò
La giusta formazione
I primi navigator si raccontano
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I primi navigator si raccontano
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