Quando si pensa ad un periodo di studio all’estero, ci si immagina sempre di parlare del programma Erasmus. Tuttavia esistono moltissime altre tipologie di mobilità internazionale per gli studenti. A raccontarci la sua esperienza è Leonardo Cassandro, amico di vecchia data, laureato in economia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, che ha deciso di oltrepassare l’oceano alla volta dell’Australia, per andare a svolgere un semestre di exchange alla University Technology of Sydney.
Cosa ti ha colpito maggiormente della UTS?
“Da un punto di vista funzionale, gli edifici, le strutture e i servizi per gli studenti sono super all’avanguardia. La UTS è formata da 11 buildings, tutti uniti da infrastrutture moderne e spazi all’aria aperta. Si tratta proprio di un’altra realtà in cui lo studente può vivere il mondo universitario a 360 gradi. La cosa che mi ha colpito di più, sono gli spazi disponibili per gli studenti, sia per rilassarsi e staccare la spina dallo studio, sia per lavorare o studiare in gruppo in apposite sale dotate di computer e televisioni al plasma, per favorire le presentazioni. Ad esempio, nella library (suddivisa in 5 piani a seconda del grado di silenzio che lo studente richiede), ci sono diverse sezioni, tra cui una sala giochi con videogames, una sala cinema e diverse aree per stendersi su divani e rilassarsi. Inoltre, nelle zone verdi sono a disposizione tavoli da ping-pong e fontane d’acqua potabile, e per gli studenti che vivono nelle accomodations studentesche la palestra dell’istituto è free. Infine, per ogni piano degli edifici sono disponibili scale mobili, ascensori e vere e proprie cucine, con frigoriferi, microonde, zona cottura e scaffali”.
E da un punto di vista accademico, quali sono le principali differenze con l’Italia?
“Per quanto riguarda il sistema accademico, è completamente diverso da quello italiano, o per lo meno da quello di Ca’ Foscari. In tutti i corsi dei dipartimenti, il sistema è strutturato in lectures, tutorials, workshops e seminari, ognuno con le proprie peculiarità. In pratica, le lectures sono le classiche lezioni frontali, la maggior parte delle quali sono facoltative, mentre tutorials, workshops e seminari sono obbligatori, e si basano su dibattiti proposti in classe, in cui spesso si lavora in gruppi e si studiano criticamente case studies. Si tratta, quindi, di un approccio collaborativo in cui agli studenti è chiesto di discutere e analizzare temi proposti dal professore, sulla base di readings accademici da studiare per il giorno stesso. Altra considerazione importante, sono le modalità d’esame: per tutti i tre corsi che sto frequentando, la valutazione complessiva dell’esame è divisa in quattro assessment, ovvero delle prove intermedie, con cadenza trisettimanale, che consistono nella trascrizione di papers, essays, report o presentazioni Powerpoint, tutte rigorosamente evidence-based e controllate dai sistemi di plagio. Solamente in uno due tre corsi che frequento, è richiesto un esame finale in forma scritta”.
Sembra tutto perfetto. Riusciresti a raccontarci i pro e i contro della UTS?
“Dal primo giorno in cui sono arrivato all’università e ho frequentato l’orientation week, avevo capito che si trattava di un’università fantastica, sia dal punto di vista estetico, ma soprattutto organizzativo. Purtroppo, ho avuto a che fare con un piccolo incidente al piede, ma nonostante ciò sono stato seguito e curato dalle strutture mediche presenti all’interno dell’università, e il tutto coperto dall’assicurazione universitaria Overseas. Questo per sottolineare l’efficienza del sistema.
Per quanto riguarda le modalità d’esame, sinceramente preferisco il sistema italiano, in cui lo studente può organizzare il suo tempo come preferisce, e prepararsi al meglio agli esami. Da un lato, questa sorta di “lavoro di dottorato” (perché si, di questa difficoltà stiamo parlando), che è richiesta nella stesura dei paper, è molto stimolante e interessante, dall’altro è molto impegnativa, essendo la ricerca individuale accompagnata da evidenza scientifica e accademica”.
Federico Smania