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Oggi è già futuro

Il peperoncino vola nello spazio

Martedì, 10 Settembre 2019


Peperoncini nello Spazio. Non è il titolo di un B Movie fantascientifico, ma quanto ha in mente la Nasa per aiutare l’uomo a raggiungere Marte. L’agenzia spaziale statunitense, infatti, ha annunciato l’intenzione di spedire alcune piante di peperoncino della varietà Española sulla Stazione Spaziale Internazionale, dove gli scienziati si occuperanno di coltivarle e di ricavarne bacche tanto succulente quanto nutrienti. 
La novità nasce dalla constatazione che i viaggi verso il Pianeta Rosso dovrebbero durare non meno di due anni, e che quindi gli astronauti avranno bisogno di un’alimentazione più ricca e variegata rispetto a quella sperimentata finora, per missioni meno prolungate (come quelle sulla Luna). Per affrontare un viaggio del genere, infatti, c’è bisogno di cibo fresco con un alto contenuto di vitamine e sali minerali. Il peperoncino si candida a diventare la prima pianta da frutto coltivata nello Spazio grazie all’abbondante presenza di vitamina C, ma anche alla nota piccante che andrebbe ad influire positivamente sull’umore degli astronauti. 
In un primo momento, curiosamente, gli scienziati della Nasa avevano pensato di portare in orbita il peperoncino della varietà Hatch, che cresce nei deserti del New Mexico. Jacob Torres, arrivato alla Nasa nel 2018, è originario proprio del New Mexico, ma ha fatto notare che la varietà Española cresce ad altitudini maggiori, e impiega meno tempo a germogliare, risultando più indicata per gli orti esterni alla superficie terrestre.
Il peperoncino e le altre piante coltivate sulla Stazione Spaziale Internazionale, non serviranno solo ad arricchire la dieta degli astronauti, ma anche a rendere meno monotona la vita degli scienziati su questa piattaforma. E dimostrano indirettamente che le missioni spaziali richiedono una gamma di competenze molto vasta. Un esempio, in questo senso, arriva dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che quest’anno ha lanciato il primo master in Biologia Spaziale, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Il corso nasce proprio per capire come programmare missioni esplorative di lunga durata, studiando tutti gli accorgimenti che possono migliorare la permanenza in orbita degli astronauti. Insomma, la biologia può dare un prezioso aiuto per capire come affrontare condizioni di vita estreme, molto diverse da quelle a cui l’uomo è abituato sulla Terra. E questo è solo il primo passo: dall’ingegneria allo studio dell’alimentazione, infatti, il futuro delle esplorazioni vedrà un numero di professioni spaziali sempre più ampio.

Alessandro Macciò

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