We could be heroes for ever and ever, what d’you say?
Possiamo essere eroi per sempre?
A porre la domanda al mondo intero con una hit globale è stato David Bowie nel 1977 e forse, nella sua testa, la risposta era “sì”. Un’icona senza spazio e senza tempo, capace di unire e di abbattere i muri fisici, di diventare parte integrante della cultura della società occidentale.
Ad incuriosire questa riflessione è Nicolò, un ragazzo di 14 anni dello Sri Lanka che frequenta il centro educativo nel quale svolgo il mio tirocinio curricolare.
Come compiti per casa, il suo professore di italiano gli ha assegnato un esercizio alquanto particolare e stimolante, ovvero quello di scegliere una parola che iniziasse con la lettera “E”, per poi scrivere una considerazione in merito a quel termine, ma senza ragionarci su ore ed ore.
Anzi. In modo istintivo e spontaneo. In quel momento, nella mia testa non era di certo esploso un estroso brio perché, pregiudizievolmente, mi aspettavo papiri su Cristiano Ronaldo, su qualche youtuber o influencer, o magari sul divo del momento Mark Caltagirone.
E invece…
Passano i minuti e non vedo l’ombra di una lettera maiuscola, bensì tantissime “A” accentate. Provo a sbirciare ma la calligrafia è indecifrabile, così gli chiedo di raccontarmi il suo pensiero divenuto testo, e ne esce qualcosa di sorprendente.
Nessun cliché, nessun ragionamento stereotipato, solo una grande sensibilità.
Gli eroi per lui sono "il papà e la mamma", ma non i suoi in particolare, piuttosto le figure genitoriali in senso ampio, viste come un punto di riferimento e dei modelli da seguire e replicare, nell’innocenza di un adolescente.
Un giovane che, con grandi difficoltà, si sta costruendo un futuro che egli vede come il dovuto riconoscimento alle persone che l’hanno cresciuto.
La settimana prossima, l’iniziale sarà la “F”, e dopo questa sorpresa, mi aspetto un’ulteriore pillola di umanità.

Federico Smania