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Mente e corpo

Ponte Morandi, sinonimo di inverosimile per l’anima di un genovese

Domenica, 11 Agosto 2019

E chi lo sapeva che si chiamava Ponte Morandi? 
Morandi al massimo era Gianni, che all’epoca aveva appena inciso dei successi destinati a diventare intramontabili come “Uno su mille” e “Si può dare di più” (ma anche, ironia della sorte, la meno nota “Il ponte”).  
I genovesi lo chiamavano davvero “il Ponte di Brooklyn”, con orgoglio misto a divertimento.
Quella denominazione gli conferiva un fascino esotico che rasentava il teletrasporto, come se gli alieni o gli americani, o qualche altra entità superiore, avessero sollevato il ponte da New York e lo avessero calato sulla Val Polcevera, per trasformarla in un ciclopico avamposto di modernità e progresso. Roba da sentirsi al centro del mondo, o quantomeno in una vera metropoli, più che al vertice basso del triangolo industriale che univa Genova a Milano e Torino.  
Per chi veniva da Levante, e voleva raggiungere gli altri due vertici del triangolo, il Ponte di Brooklyn era un’apparizione folgorante: si superava il Porto Antico, si saliva oltre il Matitone, si entrava in autostrada e all’improvviso eccolo lì, gigantesco e vicinissimo, all’uscita dalle gallerie.
L’auto costeggiava il Ponte di Brooklyn in senso perpendicolare, e il finestrino sul lato del conducente sembrava lo schermo di un televisore: cose come quelle si vedevano solo nei film, e le immagini che scorrevano oltre il vetro erano così insolite da sembrare quasi finte. 
Il 14 agosto 2018, non tutti gli italiani hanno capito subito la portata del dramma in corso: poco dopo l’accaduto, in attesa delle prime immagini e di notizie più dettagliate, si parlava di un ponte non meglio specificato, che non si sapeva bene quanto fosse alto e lungo. Solo i genovesi, o chi di Genova ha una certa dimestichezza, hanno visualizzato istantaneamente il Ponte di Brooklyn e hanno pensato una sola cosa: non può essere vero. 
Un anno e fiumi d’inchiostro dopo, quella sensazione non è cambiata: il crollo del ponte ci sembra ancora inverosimile, proprio come non sembrava vero vedere all’improvviso quel profilo così imponente, uscendo dalle gallerie. 
Sembra quasi che sia stato tutto un sogno, e poi un incubo.

Alessadro Macciò

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