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Campioni si diventa

La leadership democratica

Giovedì, 29 Agosto 2019

Una delle abilità fondamentali nella gestione di un gruppo di lavoro, è la sensibilità con cui mediare gli effetti derivanti da un confronto democratico. Vi è mai capitato di lanciare la ricerca ad una soluzione finemente risolutiva che, però, nel contempo possa mettere a loro agio tutti, o la maggior parte, dei partecipanti nel contesto della discussione?
Vi sarete pur trovati ad ascoltare diversi punti di vista su un tema che necessita di una risoluzione veloce, ma che, al tempo stesso, ha bisogno di incontrare il favore di chi dovrà agire per arrivare al risultato prefissato.
Ed è andato tutto liscio?
È un confine sottile, dettato dalla predominanza dell’espressione del lato democratico di una leadership che necessita di trovare, in breve tempo, una soluzione che rispetti i principi su cui si fonda l’attività del gruppo di lavoro che si esprime.
Leadership, dice Daniel Goleman è “la capacità di influenzare la gente, e aiutarla a lavorare meglio per raggiungere uno scopo finale condiviso”.
La sfumatura democratica comporta notevoli vantaggi in termini di produttività, a patto che nel contesto particolare l’esperienza risulti efficace, e ci sia anche un buon affiatamento dello staff.
Del resto, è utile a valorizzare i propri collaboratori, e porta a responsabilizzare ognuno di loro verso l’obiettivo comune.
Ogni sera, al mio campus, dopo aver verificato che tutti i ragazzi e le ragazze siano nei loro rispettivi alloggi, e possibilmente sotto le coperte dei loro rispettivi letti, e osservando che lo staff di ronda sia nelle condizioni di portare a termine con serenità la mansione di controllo dei giovani atleti, iniziamo il briefing/debriefing di routine. Oltre al racconto delle esperienze giornaliere, e alla condivisione e riorganizzazione del planning del giorno dopo, sono all’ordine del giorno almeno un paio di temi che individuo come attuali e particolarmente cari a parte dello staff protagonista in quel contesto: momento docce post allenamento.

La faccio breve.
Nasce la necessità, sollevata da un gruppo dello staff, di verificare l’abbigliamento di parte delle ragazze partecipanti al campus, nel momento di uscita dalle cabine doccia e nel tragitto che percorrono ogni volta, per raggiungere i rispettivi alloggi.
Il dibattito si fa acceso. Sembra essere un tema che scalda gli animi e divide la profonda ipnosi etica dei componenti del mio staff che, a colpi alterni, porta saggi di comportamento in seno alla discussione.
Io osservo ogni momento, e cerco di verificare le basi che portano ognuno di loro a richiedere quel particolare effetto dalla discussione.
Ci sono spunti interessanti, e la divisione netta sta in chi crede che il problema sia, passatemi il termine, grave e degno di nota, e chi invece giudica irrilevante discuterne a fronte di una risoluzione facile, drastica e immediata.
Mi “diverto” nell’ascoltare le diverse argomentazioni che, peraltro, hanno tutte un presupposto interessante, ovvero quello di facilitare la convivenza, e rendere memorabile l’esperienza sportiva e personale di quella settimana di campus a ragazzi e staff, cosa fondamentale per l’attivazione dei meccanismi relazionali e fisiologici di ognuno.
Lo scambio di opinioni, ad un certo punto, occupa troppo spazio rispetto ad altre tematiche significative. Il tema è importante ma si sta perdendo attorno a dinamiche etiche e comportamentali che sono, a mio parere, chiare e, se rispettate, utili a dare un senso ad ogni scelta e azione presa in quel senso.
Ho preso la parola diverse volte, per contribuire anche con il mio punto di vista sulla questione, e sollevando qualche quesito che potesse stimolare l’amigdala di ognuno di noi.
Dopo circa venti minuti che il tema si protraeva, ho deciso di dare una svolta alla discussione, tirare le somme e informare tutti di ciò che avevo deciso in merito: “Da domani saremo tutti invitati ad osservare e prevenire ogni situazione di disagio, se di disagio si vuol parlare, legata a questioni di abbigliamento e comportamento. Facciamo in modo che ragazzi e staff, uomini e donne, ragazzi e ragazze, abbiano un abbigliamento consono ad ogni momento della giornata che si apprestano a vivere, nel rispetto del contesto campus e delle persone che gravitano nel campeggio di cui siamo ospiti”.
Non esiste una ricetta universale sulla leadership e sulla “gestione” delle persone, dei collaboratori. Ascolto, osservazione e allenamento sono presupposti che non possono mai mancare quando si lavora in team e, soprattutto, quando ci sono grandi traguardi da raggiungere assieme.

Mauro Bergamasco

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