Luce
È una città giovane la capitale della Repubblica Ceca, viva, colorata e multiforme.
Una volta fuori dalla fermata della metropolitana di Náměstí Republiky, sentirai un profumo di cannella che delizia l’aria, così ne seguirai l’intensità per trovare la fonte: il baracchino del trdelník, dolce tipico boemo a forma di cilindro, vero must in una vacanza a Praga. Costa poco, e uno strappo alla dieta è concesso a tutti e così, dopo aver riflettuto sui giorni mancanti alla “prova costume”, cederai alla tentazione. L’interno è vuoto, ha solo un lieve strato di cioccolato, ed i bambini ci guardano dentro come se fosse un cannocchiale sporcandosi dalla testa ai piedi. Ma cosa importa? Le macchie vanno via mentre le esperienze non sempre possono ripetersi, quindi guardiamoci dentro anche noi. In fondo alla piazza, dietro a gruppi di artisti di strada, c’è il Museo del Comunismo con una grande statua di Marx imbronciato che vi darà il benvenuto; e dall’altra parte la Porta delle Polveri, attrazione clou della città.
Se non vi siete sporcati eccessivamente, continuate il tour e dirigetevi verso Josefov, il quartiere ebraico dove lo jugendstil regna sovrano. Lì, vi perderete in un incantevole mondo parallelo, e nel frattempo si sarà fatta sera, e il tramonto non può che essere visto dal Ponte Carlo. Sgomiterete un po’ con la folla di turisti, ma ne varrà la pena e, una volta oltrepassate le statue, potrete godervi un buon drink sui moli del fiume Moldava, insieme agli studenti dell’università Karlova. Con il calar del sole vedrete svettare all’orizzonte il Castello di Praga, da visitare il giorno seguente, o magari sarà un buon motivo per tornare in Boemia.
Buio
“Dalle stelle alle stalle”, un banalissimo modo di dire, che però riassume perfettamente il viaggio da Praga a Terezín. Non è colorata, non è multiforme e soprattutto non è viva.
Per spiegare al meglio l’immagine che appare quando si varcano le porte della città-fortezza, bisognerebbe chiedere a quel bambino che si stava sporcando di cioccolato con il trdelník. Di sicuro avrà giocato a qualche videogame apocalittico, con luoghi abbandonati o in quarantena. Ecco, quella è la sensazione. Un consiglio: se vi capita di passarci portatevi il pranzo al sacco.
E allora perché finire in un posto così desolato?
Perché c’è il più grande ed importante simbolo della Seconda Guerra Mondiale ceca, il campo di concentramento Theresienstadt, un luogo che ha visto le sofferenze di oltre centomila ebrei. La scritta “Arbeit Macht Frei”, posta all’ingresso del campo, ti taglia il fiato, il viale alberato che unisce la “piccola fortezza” al centro della città è affiancato da una striscia di lapidi, e da una stella di Davide gigantesca. L’unica piazza è deserta, l’asfalto è sconnesso e pericoloso, i pochi abitanti sono in gran parte mutilati o in condizioni precarie. In mezzo al niente più assoluto, troverai la fine del percorso.
Soli 60 chilometri dividono i due mondi e a Terezín il profumo di cannella di Náměstí Republiky è solo un miraggio.
Federico Smania